“In una caserma di Siviglia, al centro del cortile c’era una panchina. Vicino alla panchina stava sempre un soldato a montare la guardia. Nessuno sapeva perché si faceva la guardia alla panchina. Si faceva perché si faceva, e basta: giorno e notte, tutti i giorni e tutte le notti. L’ordine degli ufficiali si trasmetteva di generazione in generazione e i soldati obbedivano. A nessuno venne mai un dubbio. Mai una domanda. Se si faceva così, come si era sempre fatto, un motivo doveva esserci. E la faccenda continuò finché a qualcuno, forse un generale o un colonnello, venne in mente di andare a vedere qual era l’ordine originario. Ci fu da mettere sottosopra gli archivi, ma a forza di rimestare, alla fine si seppe. Facevano trentun anni, due mesi e quattro giorni da quando un ufficiale aveva piazzato un soldato di guardia alla panchina perché a nessuno capitasse di mettersi a sedere sulla vernice fresca…”
(tratto da E. Galeano “Il libro degli abbracci” Ed. Sperling & Kupfer, pag. 50)
Parlando in termini metaforici la caserma è la scuola e i soldati sono i docenti che quotidianamente presidiano la “panchina” del programma e dei contenuti disciplinari. Pochi si domandano “cui prodest docere” le discipline se solo un ridotto numero di alunni le apprende.
Se interrogati al riguardo, molti insegnanti rispondono che insegnano perché sono pagati per farlo oppure che hanno il dovere di svolgere una programmazione disciplinare. Sembra importare poco se ci sono bambini che non apprendono o hanno difficoltà. La scuola insegna sempre e comunque, indipendentemente dagli alunni. Lo svolgimento del programma prevale su altre questioni perché esso rappresenta “l’ordine di servizio” per i soldati. E si sa, i bravi militari non fanno domande, ma eseguono i comandi senza discutere anche se gli ordini di servizio sembrano discutibili. Una scuola però che agisce senza una finalità assiologica ed è poco consapevole della sua reale funzione sociale non è metacognitiva. E’ tutto fuorché… una Buona Scuola!