LA RAPPRESENTAZIONE MENTALE

Le difficoltà scolastiche sono quasi sempre riconducibili all’incapacità del discente di evocare mentalmente il contenuto d’apprendimento. Sono i docenti stessi ad essere responsabili di questa assenza di abilità poiché il loro lavoro d’aula si limita al piano percettivo/dimostrativo/espositivo e non incide direttamente sulla “dimensione eidetica”, come la definirebbe E. Husserl. Infatti sono pochissimi gli insegnanti che stimolano la rappresentazione mentale della lezione con sollecitazioni mirate. Ne discende che se manca l’evocazione, cioè se la memoria di lavoro e a lungo termine non si impressionano delle cose percepite e dei contenuti di studio, non può esserci apprendimento in senso lato. Qual è allora la caratteristica di questa fondamentale abilità di “catturare” mentalmente la realtà circostante in generale e l’oggetto culturale nello specifico? Come si costruisce, come si sollecita e come può il docente controllare la dimensione mentale dell’alunno per portarlo a livelli più alti di competenza e di consapevolezza? Come si rafforza e si consolida la rielaborazione dei contenuti disciplinari? Quali sono le attività da svolgere per sollecitare forme complesse di pensiero come il ragionamento, la logica, la creatività, le inferenze, le capacità espressive ed artistiche?
I “trucchi” metodologici li ha spiegati magistralmente il filosofo e pedagogista Antoine de La Garanderie (1920-2010) tra l’incomprensibile indifferenza della ricerca universitaria (almeno quella italiana sicuramente), lo snobismo scientista della psicologia cognitivista e “l’ignavia pedagogica” delle riviste scolastiche più interessate a pubblicare lezioni preconfezionate per insegnanti “famelici” piuttosto che offrire efficaci modalità didattiche di cui la scuola italiana avrebbe un grande bisogno per diventare realmente inclusiva. Pietro Sacchelli